IA: un patto con i giovani per il rispetto delle fonti audiovisive

23 Marzo 2024

La posizione del Mac sull’impiego delle nuove tecnologie sul fronte del restauro di nastri e pellicole. Per il presidente Viganò occorre rispettare il dato di partenza e chiedere modelli reversibili che contemplino la possibilità di tornare all’originale

C’è una sfida culturale globale alla base all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel campo del restauro dei reperti audiovisivi del passato. Ne è convinto il presidente del Mac, monsignor Dario Edoardo Viganò, che ribadisce l’importanza di darsi da fare per raccogliere e conservare il patrimonio della Chiesa e della Santa Sede sottolineando la necessità e l’urgenza di affrontare alcune questioni di carattere generale. In un articolo pubblicato sul quotidiano Avvenire lo scorso 22 marzo, Viganò premette che in diversi casi le nuove tecnologie rappresentano l’unico baluardo per scongiurare la perdita di nastri e pellicole, ma avverte che ci sono dei ‘limiti’ tecnici e operativi da tenere ben presente quando si parla di questo tema. In particolare – andando subito al cuore del problema – afferma che è importante che in tali processi non vi siano modifiche involontarie e non dichiarate delle testimonianze originali.

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Secondo Viganò, dobbiamo essere consapevoli che l’Intelligenza Artificiale, seguendo un modello statistico-matematico, ci permette di eseguire un’attività di restauro ‘percettivo’. Cosa vuol dire? Vuol dire che ciò che viene generato in questa maniera deve essere considerato un’opera unica e come tale diversa da quella di partenza. Il rischio, dunque, è che il risultato finale si ponga al di fuori del contenuto stesso del materiale restaurato e che soprattutto questo possa sfuggire nelle analisi e nei ragionamenti. “Interpolando il segnale originale con i dati dell’addestramento – precisa – si prescinde dal contenuto e si generano artefatti considerati come dei risultati del tutto nuovi”.

La reversibilità

Cosa fare dunque dinnanzi a questa “svolta algoritmica”, come la definisce Viganò? In primis, “bisogna ristabilire, soprattutto tra le generazioni dei più giovani, il peso delle parole e la distanza che separa le idee che le riempiono, cosa è autentico, cosa nuovo e non più copia dell’originale”. La seconda dimensione chiarisce meglio il perimetro dell’operatività nel campo del restauro. “Per fare in modo che possano essere uno strumento veramente utile al restauro e alla preservazione – si legge – bisogna chiedere modelli di AI predittibili e reversibili perché sia possibile invertire le operazioni e risalire al dato originale”.

L’imperativo per la Chiesa

Nella vicenda sono coinvolti diversi attori. Ed è da questa sfida che dipende “la salvaguardia di un patrimonio fondamentale per la memoria del nostro passato e per la storia della cultura nel suo complesso”, scrive ancora Viganò esprimendo una preoccupazione riflessa in diverse esortazioni di Papa Francesco. Il pontefice, infatti, come si ricorda nella parte iniziale dell’articolo, ritiene che vada compreso con urgenza il tema della conservazione del patrimonio storico della Chiesa sottolineando l’importanza delle buone pratiche che considerano i filmati come beni culturali e che ne incentivano la loro raccolta e la loro tutela.